Ostruire il passaggio ad un’altra auto fa scattare il reato di violenza privata
DI Amministrazione

La porzione di parte comune asservita ad area parcheggio è uno dei luoghi in cui sovente occorrono accesi scontri tra i signori condomini. Il disvalore delle condotte da questi poste in essere, spesso, va ben oltre la legge civile.

In sede penale tali comportamenti assumono le vesti, talvolta,dell'”Uso arbitrario delle proprie ragioni” ex articolo 392 codice penale, a mente del quale

Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito a querela della persona, con la multa fino a euro 516. Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione. Si ha altresì violenza sulle cose allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico“;

talaltra, della “Violenza privata“, ex articolo 617 codice penale, per cui:

Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo.

Il reato di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni” si differenzia da quello di “violenza privata” – che ugualmente contiene l’elemento della violenza o della minaccia alla persona – per l’elemento intenzionale, in quanto nel reato di cui all’art. 392 codice penale l’agente deve essere animato dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fondata (Cassazione Penale, Sez. 5, n. 23923 del 16/05/2014).

Ergo, la condotta materiale posta in essere da taluno dei condomini,la quale si concreta nel parcheggio di una autovettura dolosamente preordinato ad impedire il passaggio di un mezzo o comunque di privare una persona della propria libertà di determinazione od azione, integra un delitto di violenza privata, specie ove non sia giustificabile, a monte, con una pretesa meritevole di apprezzamento giuridico (exmultis,Cass.Pen., Sez. V, sent. 17/5/2006 n. 21779).

In altri termini, configura il reato di violenza privata, previsto e punito dall’articolo 610 Cp, la condotta di chi parcheggia la propria autovettura nel cortile condominiale in modo da impedire l’uscita del veicolo altrui, a nulla rilevando, come giustificazione e/o esimente, l’asserito smarrimento delle chiavi dell’automobile, anche laddove noto alla persona offesa per il tramite di altre persone presenti nell’area di sosta dei veicoli (Cass. Pen. Sentenza 7592, sezione Quinta, del 28-02-2011)

Ciò posto, l’ultimo episodio di violenza privata in sede di parcheggio condominiale è stato esaminato dalla Corte di Cassazione, sez. V penale, con la sentenza 7 dicembre 2015, n. 48346.

Il giudice di legittimità ha qui censurato la condotta di un condomino che ha parcato la propria autovettura innanzi al locale garage di un altro condòmino, pure sottraendogli le chiavi del motociclo al fine di attendere l’arrivo della polizia.

Deduceva la parte ricorrente (in quanto imputato) che aveva subito dalla presunta parte offesa un’aggressione fisica e dunque la condotta impeditiva descritta nel capo d’imputazione era semplicemente diretta ad evitare che il proprio vicino si allontanasse prima dell’arrivo della polizia

L’elemento della violenza nella fattispecie criminosa in disaminè stata però identificatane l’uso proprio disiffatti mezzi, laddove idonei a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione.

Parcheggiare la propria autovettura dinanzi ad un garage in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l’accesso alla parte lesa risponde appieno alla fattispecie ed è quindi censurabile sotto tale profilo.

Viceversa, non assume alcun pregio l’affermata giustificazione addotta dall’imputato per legittimare la condotta posta in essere, e cioè impedire la libertà di movimento alla “persona offesa” così da permettere l’arrivo della polizia per denunciare la stessa, a propria volta, per la causazione di lesioni subite a fronte di una precedente aggressione fisica.

Sul punto – riferisce testualmente il Giudice di Legittimità – , occorre precisare che, per un verso, non ricorre una ipotesi di arresto del privato ai sensi del sopra richiamato articolo 383 c.p.p., perché non si è in presenza di condotte che consentono, anche astrattamente, l’arresto in flagranza ai sensi dell’articolo 380 del codice di rito (reati perseguibili d’ufficio) e che, per altro verso, non è possibile applicare la invocata scriminante neanche nella sua forma putativa, atteso che può rilevare, a tal fine, solo l’errore su norma extra penale, e non già quello, come nel caso di specie, che verta sull’interpretazione delle facoltà di arresto esercitabile dal privato.

In effetti, quando si tratta di un mero errore di diritto, ciò non vale ad escludere la punibilità perché concettualmente non può sotto alcun profilo essere configurato come errore di fatto (Cass., Sez. 1, n. 276 del 11/10/1972 – dep. 22/01/1973).

In buona sostanza, bloccare l’auto del vicino parcheggiando avanti al rispettivo garage/posto auto il proprio mezzo integra sempre e comunque gli elementi del delitto di violenza privata e, in quanto tale, una simile condotta non è giustificabile in alcun modo: tampoco laddove si affermi che essa “violenza” sia stata posta in essere al fine di lucrare del tempo per consentire alle forze dell’ordine di intervenire sul luogo del reato, onde denunciare una asserita aggressione fisica.

Avv. Dolce Rosario