Luce, acqua, gas, riscaldamento, pulizie: oltre al ricorso per decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, l’amministratore ha la possibilità, dopo sei mesi, di sospendere i servizi comuni suscettibili di godimento separato.
DI Amministrazione

Chi non paga le rate mensili al condominio e fa mancare liquidità all’amministrazione per pagare i fornitori, oltre a vedersi addebitati i costi delle more per il ritardo, rischia anche di subire il taglio dei servizi comuni come luce, gas, pulizie, ecc.

Poiché i fornitori (acqua, luce, gas, ecc.) e i professionisti (idraulico, muratore, giardiniere, ecc.) concludono i contratti con l’intero condominio (e non con i singoli proprietari), è proprio quest’ultimo, in linea di principio, che risponde di eventuali debiti. E così la legge, allo scopo di spingere tutti i condomini a un pagamento puntuale, consente all’amministratore di sospendere i servizi comuni ai condomini morosi. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Nel caso in cui il condomino non versi le spese condominiali l’amministratore:

1. senza bisogno di una previa autorizzazione dell’assemblea, può agire nei suoi riguardi in tribunale per ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo;

2. se il mancato pagamento si è protratto per almeno sei mesi, può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, quelli cioè la cui “interruzione” nei confronti di un condomino non comporta l’interruzione del servizio anche per gli altri condomini.

Facciamo un esempio: se il condomino del quinto piano non paga, l’amministratore può chiedere alla ditta di pulizie di non lavare il suo pianerottolo, può chiudere il bocchettone dell’acqua del suo appartamento, ecc.

Quest’ultima possibilità è stata di recente confermata da una recente ordinanza del Tribunale di Roma [1]. Il giudice ha precisato che, a causa della permanente morosità, può essere disattivata l’utenza del condomino, ma – si intuisce nel testo del provvedimento – sempre che non venga provata l’impossibilità o la grave difficoltà di pagamento. In quest’ultima ipotesi, allora, rientrerebbe la necessità di tutelare il diritto alla salute del condomino che non potrebbe, altrimenti, vivere senza le utenze.

Di interpretazione più favorevole agli inadempienti sono stati altri giudici, per i quali il diritto del condominio che, con la sospensione del servizio, si intende tutelare, è puramente economico e, dunque, sempre riparabile, mentre, al contrario, per i fruitori del servizio la sospensione dell’erogazione dell’acqua o del riscaldamento, considerati servizi essenziali, contrasterebbe con il diritto alla salute previsto dalla nostra costituzione [2].

Ricordiamo comunque che, in base alla recente riforma, in caso di morosità del condominio nel pagamento dei propri fornitori, i creditori possono agire nei confronti dei proprietari in regola con i pagamenti dei canoni solo dopo aver prima aggredito (con pignoramento) i condòmini invece che sono morosi con le bollette: l’elenco di questi ultimi deve essere fornito ai creditori dall’amministratore.

Dunque, stando così le cose, anche i singoli condomini onesti, cioè quelli che saldano regolarmente i conti, possono essere presi di mira in caso di spese comuni non saldate: ma solo dopo che i creditori si sono rivolti, in prima battuta, nei confronti dei morosi. Però, se poi non ottengono nulla, possono rivalersi sull’intero condominio o, peggio ancora, contro uno qualsiasi dei proprietari.

In questi casi, scatta infatti il cosiddetto principio di “responsabilità solidale”, per il quale ciascuno dei proprietari può essere costretto a pagare quanto dovuto dall’intero palazzo.

Starà poi al proprietario preso di mira, una volta saldato forzatamente il debito, rivalersi contro alcuni o tutti i vicini di casa.

[1] Trib. Roma ord. del 27.06.2014; cfr. anche Trib. Brescia ord. del 21.05.2014

[2] Art. 32 Cost.