Fallimento del condomino moroso: occorre insinuarsi al passivo entro 30 giorni dalla prima udienza sul passivo.
DI Amministrazione

Il condominio non può essere soggetto a fallimento, non essendo soggetto dotato di personalità giuridica: può, invece, certamente fallire uno (o più) dei condòmini, con delle conseguenze per l’amministratore che vanno dal doversi rapportare non più al condòmino fallito ma a un nuovo soggetto individuato nel curatore del fallimento, all’individuazione corretta della procedura da seguire per recuperare le spese condominiali anteriori (qualora come spesso avviene siano rimaste insolute) e successive alla dichiarazione di fallimento.

Le spese precedenti

È molto probabile che il fallimento di un condòmino faccia seguito a una situazione di morosità, spesso grave, del condòmino stesso: per recuperare tali spese, nei trenta giorni anteriori alla prima udienza fissata per l’esame dello stato passivo dinanzi al giudice fallimentare, il legale rappresentante del condominio, cioè l’amministratore, dovrà sottoscrivere e presentare domanda di insinuazione al passivo. Tale domanda può essere presentata anche personalmente dalla parte: cioè dall’amministratore stesso senza che sia necessario (il che ovviamente permetterebbe ai condomini di evitare la parcella del professionista) rivolgersi ad un avvocato.

Alla domanda di insinuazione, che può essere presentata anche in via telematica “o con altri mezzi di trasmissione purché sia possibile fornire la prova della ricezione” andranno allegati tutti i documenti dimostrativi del credito, cioè nel caso di spese condominiali non pagate le copie dei rendiconti approvati dall’assemblea.

La domanda stessa, infine, deve contenere a pena di mancata ammissibilità del credito una serie di indicazioni quali:

– l’indicazione della procedura e le generalità (nel caso di condominio il codice fiscale dello stabile) del creditore che propone l’ammissione del credito,

–  la determinazione della somma che si richiede, distinguendo tra spese straordinarie necessarie alla conservazione dell’immobile del fallito e spese ordinarie; le prime vengono ammesse in via privilegiata, mentre le seconde saranno considerate quali semplici crediti chirografari, con possibilità di soddisfacimento per il condominio decisamente inferiori se non (come normalmente avviene) del tutto inesistenti.

Può poi accadere che il condominio non venga al corrente del fallimento di uno dei condòmini nei termini previsti per la domanda di insinuazione: in questo caso potrà essere proposta domanda tardiva ma ci si dovrà necessariamente avvalere delle prestazioni di un avvocato, non essendo possibile per la parte provvedervi personalmente.

Le spese successive

Tali spese non potranno (non essendo ancora note) essere richieste con la domanda di insinuazione al passivo. La loro ammissione e il relativo pagamento verrà disposto dal giudice direttamente su istanza del curatore, al quale l’amministratore di condominio (o l’avvocato qualora vi si sia fatto ricorso) comunicherà i vari riparti approvati dall’assemblea.

La legge [1] ha recentemente precisato, in via interpretativa e ponendo così fine ad ogni discussione in proposito, che sia le spese di manutenzione ordinaria che straordinaria, nonché quelle relative alle innovazioni, sono ora da ammettere nella procedura fallimentare come prededuzioni: il che significa che la procedura fallimentare (cioè, materialmente, il curatore) dovrà pagarle prima di pagare qualunque altro credito, per quanto privilegiato.

La vita condominiale

La sentenza dichiarativa di fallimento fa sì che il curatore subentri al condòmino fallito nell’esercizio dei diritti e doveri inerenti alla proprietà dell’immobile condominiale. Pertanto sarà il curatore a dover essere convocato in assemblea (dove avrà diritto di voto nelle delibere) al pari degli altri condòmini e aventi diritto; il curatore, così come ogni altro condòmino, potrà impugnare le delibere assembleari e sarà tenuto al pagamento della sua quota di spese di gestione successiva alla dichiarazione di fallimento.

Ulteriori conseguenze

Chi subentra nel diritto di proprietà, acquistando l’alloggio dal fallimento, a meno che l’ordinanza di vendita non escluda il regresso, sarà tenuto al pagamento dei contributi non corrisposti dal fallito al condominio per quanto riguarda l’anno in corso e quello precedente ai sensi dell’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione.

Dopo la dichiarazione di fallimento, e sino alla avvenuta chiusura della procedura, in nessun caso l’amministratore potrà agire con decreto ingiuntivo per quanto riguarda la riscossione dei contributi relativi alla proprietà dell’immobile sottoposto a fallimento.

In pratica

01 | IL FALLIMENTO

Con il fallimento il fallito è privato dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni. L’amministrazione dei beni del fallito passa totalmente nelle mani del curatore, il quale fra le altre cose dovrà vendere i beni del fallito al solo scopo di soddisfare i creditori della procedura.

02 | IL CURATORE

Il curatore dovrà essere convocato in assemblea al pari degli altri aventi diritto ed eserciterà in tutto e per tutto i diritti del fallito, compreso il diritto di voto e la possibilità di impugnare il verbale.

03 | LE SPESE

L’amministratore dovrà richiedere le spese condominiali maturate ante fallimento al curatore tramite insinuazione al passivo; quelle successive verranno corrisposte dalla procedura al condominio in prededuzione.

04 | LA VENDITA

Non appena il curatore avrà venduto l’immobile sottoposto al fallimento, l’amministratore si potrà rivolgere per il pagamento delle spese condominiali al nuovo proprietario, al quale potrà anche richiedere i contributi rimasti insoluti per l’anno in corso e per quello precedente

05 | LA NOVITÀ

La legge 220/2012 ha ora chiarito, in via interpretativa, che tutte le spese condominiali successive alla dichiarazione di fallimento andranno pagate dal fallimento in prededuzione, cioè prima di ogni altro debito.