Le riprese delle telecamere condominiali sono utilizzabili nel processo penale anche se violano la privacy
DI Amministrazione

Le immagini riprese dall’impianto di videosorveglianza installato in un edificio in condominio sono utilizzabili in un procedimento penale anche se violano le norme dettate in materia di riservatezza.

Questa, in poche parole, la decisione cui è giunta la Cassazione penale con una sentenza dello scorso 3 luglio.

In buona sostanza, una cosa è la violazione delle norme poste a tutela della riservatezza (vedi d.lgs n. 196/03), altro la rilevanza penale delle registrazioni. Insomma chi è “incastrato” dalle riprese non può eccepire fatti che rispetto al suo comportamento, penalmente rilevante, non hanno alcuna rilevanza.

E’ andata così per una persona condannata per danneggiamento (art. 635 c.p.) di un automobile; la prova principale del fatto era contenuta in un documento, vale a dire la registrazione dell’atto da parte delle videocamere ubicate in un locale condominiale.

Il Giudice di pace chiamato a decidere sulla condanna del danneggiatore l’aveva assolto: secondo il magistrato onorario quel documento non poteva entrare a far parte del processo; di conseguenza niente prova, niente condanna.

Le cosa sono cambiate al termine del giudizio di legittimità. Secondo gli ermellini, che hanno ribadito un proprio precedente pronunciamento, “le videoregistrazioni costituiscono una prova documentale, la cui acquisizione è consentita ai sensi dell’art. 234 c.p.p. essendo inoltre irrilevante che siano state rispettate o meno le istruzioni del Garante per la protezione dei dati personali, poiché la relativa disciplina non costituisce sbarramento all’esercizio dell’azione penale (Cass. sez. II, 31.1.2013 n. 6813)” (Cass. pen. 3 luglio 2013, n. 28554). Come si dice in gergo tecnico: annullamento con rinvio della sentenza. Il processo di dovrà rifare tenendo in considerazione la videoregistrazione.

In questo contesto, vale la pena ricordare che la recente entrata in vigore della così detta riforma del condominio ha semplificato, e non di poco, le modalità di decisione sull’installazione d’impianti di videosorveglianza. Ai sensi del nuovo art. 1122-ter c.c., infatti:

Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136.

Insomma per decidere sull’installazione, tanto in prima quanto in seconda convocazione, sarà necessario e sufficiente il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti all’assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi. La spesa conseguente dovrà essere ripartita in base ai millesimi di proprietà.

Nella sentenza si parla di istruzioni del garante per la protezione dei dati personali: quali sono queste istruzioni?

Per il condominio, il provvedimento di riferimento è rappresentato da un provvedimento reso dal Garante della privacy, nell’aprile del 2004, nel quale si afferma che:

“Il Codice trova invece applicazione in caso di utilizzazione di un sistema di ripresa di aree condominiali da parte di più proprietari o condomini, oppure da un condominio, dalla relativa amministrazione (comprese le amministrazioni di residence o multiproprietà), da studi professionali, società o da enti no-profit.

L’installazione di questi impianti è ammissibile esclusivamente in relazione all’esigenza di preservare la sicurezza di persone e la tutela di beni da concrete situazioni di pericolo, di regola costituite da illeciti già verificatisi, oppure nel caso di attività che comportano, ad esempio, la custodia di denaro, valori o altri beni (recupero crediti, commercio di preziosi o di monete aventi valore numismatico).

La valutazione di proporzionalità va effettuata anche nei casi di utilizzazione di sistemi di videosorveglianza che non prevedano la registrazione dei dati, in rapporto ad altre misure già adottate o da adottare (es. sistemi comuni di allarme, blindatura o protezione rinforzata di porte e portoni, cancelli automatici, abilitazione degli accessi)”.
Alessandro Gallucci